L’isola d’Ischia è sempre stata meta di personaggi importanti del mondo delle arti e della letteratura: pittori, scultori, poeti, romanzieri l’hanno scelta negli anni come luogo di cura o d’evasione, talvolta soggiornando per lunghi periodi, altre volte solo di passaggio. Tra questi, il grande scrittore, drammaturgo, poeta e regista teatrale norvegese Henrik Ibsen (1828 -1906) che soggiornò nel maggio del 1867 presso l’albergo Europa (oggi Hotel Nausicaa) a Casamicciola Terme.
Curioso che in quello stesso periodo, poco distante, a Lacco Ameno presso quella Villa Arbusto che poi negli anni ‘50 del ‘900 diverrà la dimora ischitana del Cav. Angelo Rizzoli, fosse di stanza Michail Bakunin, uno dei padri fondatori dell’anarchismo moderno, nonché primo traduttore in russo del libro I del Capitale di Karl Marx.
Lo scrittore norvegese e il rivoluzionario russo non si incontrarono mai e forse mai seppero della loro contemporanea presenza sull’isola. Certo è che dal punto di vista storico fa impressione osservare come Ischia fosse meta di personaggi così illustri e, soprattutto, scomodi per l’epoca in cui vissero.
È sicuro che durante il soggiorno ischitano Ibsen lavorò con profitto alla stesura di Peer Gynt, una delle sue opere più famose, in cui lo scrittore norvegese finalmente apre uno squarcio nel suo proverbiale pessimismo indugiando sulla figura femminile di Solvejg, la donna abbandonata per anni dal protagonista (Peer Gynt) e che tuttavia lo perdona attendendone amorevolmente il ritorno. Il giornalista, drammaturgo e saggista italiano Roberto Minervini (1900 - 1962) ipotizzò che fosse stata proprio la permanenza ad Ischia del drammaturgo norvegese a stimolare questo cambio paradigmatico nella sua poetica, concedendo per la prima volta al genere femminile il potere di redenzione di un uomo lacerato dalla sua voglia di rivolta e polemica contro l’ordine costituito.
Favoloso!
Di sicuro ad Ischia Ibsen conobbe e frequentò lo scrittore danese
Jörgen Vilhem Bergsöe (1835 - 1911) con cui passò diverse giornate alla scoperta delle bellezze naturalistiche dell’isola: il
Monte Epomeo,
Punta Imperatore a Forio, la
Valle del Tamburo a Casamicciola. Di quelle giornate in compagnia dello scontroso letterato norvegese, che i pescatori della Marina di Casamicciola solevano chiamare “
il fantasma”, Bergsöe, anche lui sull’isola per curare una fastidiosa gotta, trascrisse tutto, tanto da esserne venuto fuori un bel libro,
Henrik Ibsen a Ischia (Imagaenaria
2001).
Di seguito uno stralcio della visita che i due fecero al promontorio di Punta Imperatore.
A Punta Imperatore di ForioFra tutti i promontori dell’isola d’Ischia ve n’è uno soprattutto che è famoso, perché chi vi si avventura gode la più grande vista sul mare: Punta Imperatore.
Un pomeriggio si era levata una tempesta di scirocco e Bergsöe propose di fare una passeggiata a quel promontorio per contemplare il mare in tutto il suo splendore.
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La strada che dovevamo percorrere – riferisce Bergsöe -
era lunga e solo al crepuscolo giungemmo sulle ripide rocce che danno sul mare. Durante l’ultimo tratto di strada, dovetti quasi trascinarmi dietro Ibsen, poiché egli protestava che le rocce potevano smottare sotto il nostro peso. E quando gli feci osservare che, per quelle rocce noi eravamo come due mosche sulla torre di Eiffel, egli osservò curiosamente che anche una mosca poteva far rovesciare la torre se essa stava per cadere.
Poiché non riuscivo a farlo andare avanti, io proseguii fino a raggiungere l’orlo della roccia per contemplare il mare agitato, le cui onde bianche si abbattevano sugli scogli con un rumore di tuono e con tale violenza che gli spruzzi giungevano fino a me. Era uno spettacolo affascinante vedere la lotta del mare contro l’aspra rupe e devo ammettere che essa sembrava vibrare alla violenza dei marosi, e, di tanto in tanto, si udiva il tonfo di qualche blocco di pietra lavica che si staccava e precipitava giù, scomparendo.
Di tratto in tratto mi sembrava di udire la voce di Ibsen, ma a causa del fragore delle onde non riuscivo a capire quello che diceva. Poi voltandomi lo vidi carponi, abbracciato a una grossa roccia e l’udii gridare furioso:
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Tu mi vuoi ammazzare! Perché non sei venuto quando ti ho chiamato? Mai più, mai più, ti seguirò in queste tue cosi dette passeggiate scientifiche.